Savona, 30/11/2008
Quando mi presentarono Giovanni, ebbi la sensazione di un viso familiare.
Infatti era sicuramente un segno del destino, perché si trattava proprio di quel signore che il fotografo ufficiale del Varignano, aveva involontariamente immortalato vicino a me, tra il pubblico della messa del convegno, nel settembre del 1992.
Mi avevano detto che aveva portato avanti con passione e per oltre quarant’anni, il lavoro che fu prima di suo nonno e poi di suo padre: il palombaro. Avevamo già fotografato sott’acqua, altre persone che indossavano il vestito del palombaro, ma un’uomo che lo aveva fatto per davvero, mi incuriosiva particolarmente.
Quando me lo trovai davanti fu una grande sorpresa; mi aspettavo un omone rude e grosso, mentre avevo davanti una figura sottile, più adatta a un ballerino.
Infatti quest’uomo nell’acqua si muoveva proprio come in una danza: mai un movimento fuori luogo, sempre molto sicuro e a suo agio, anche con tutta quella pesante attrezzatura sul quel corpo dall’aspetto esile: mi venne in mente un antico cavaliere che andava fiero della sua armatura che teneva in ordine con grande cura.
La sua passione per il mare e il lavoro si riversava anche nelle ricostruzioni di antichi elmi e altri attrezzi del suo lavoro, ma anche nei microscopici “topolini” e altri oggetti, che realizzava con le conchiglie e i materiali più disparati.
Quando l’elmo si cala sul capo e il battito del cuore copre il frastuono del mare, sa che è arrivato il momento della battaglia. Un percorso duro, dove ogni passo nasconde le insidie più nascoste, dove la vittoria, apparentemente, ha il medesimo volto della sconfitta e potrà contare solo su se stesso per trovare la strada giusta e non sempre ha una seconda opportunità. Tante volte crede che la sua vita non abbia alcun significato, ma poi un bagliore nello sguardo e quello che riteneva impossibile accade…